Manifesti Elettorali 2008 (veri e non)

23 04 2008

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Dopo che le elezioni politiche 2008 si sono concluse, è doveroso dare un’occhiata ai manifesti che hanno animato la campagna elettorale (e con questo torniamo a parlare di qualcosa che non sia Lost :wink:).

Per ora mi limiterò a proporre una serie di esempi, con un occhio particolare al fenomeno dei manifesti ritoccati (o taroccati): si tratta infatti del più evidente segnale di novità rispetto allo statico panorama della cartellonistica politica, che, salvo poche eccezioni creative, continua a replicare stancamente modelli ormai da tempo abusati.

Il ritocco ironico e dissacrante dei manifesti elettorali (da parte degli utenti di internet, delle sezioni giovanili degli stessi partiti, o addirittura di gente comune che esprime la propria insoddisfazione con un pennarello indelebile) suggerisce come la forma di comunicazione politica adottata dalle forze partitiche sia percepita con distacco, indifferenza e fastidio, come una sorta di male necessario in vista delle elezioni, quando invece dovrebbe essere veicolo di aggregazione e conquista del consenso nonchè espressione di creatività e innovazione.

Alcuni manifesti si riferiscono anche alle precedenti tornate elettorali.

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Campagna elettorale 2006 – la Margherita

7 05 2007

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Storicamente, la posizione migliore per fare campagna elettorale è quella occupata da chi sta all’opposizione. Il centrosinistra che si presenta coalizzato all’appuntamento con le urne del 2006 lo sa e imposta la propria propaganda sul malcontento del Paese nei confronti dell’operato del governo. Si tratta di un sentimento di sfiducia, fissità stagnante, volontà di scrollarsi di dosso il passato, che è declinato in diversi modi dai singoli partiti.

Giocato, come molti altri, sul contrasto passato-futuro è lo slogan di base della campagna della Margherita: “Riapriamo il futuro” è un arditismo linguistico che si carica di forti significazioni e connotazioni aggiuntive grazie all’apporto delle immagini. Esse rappresentano diversi personaggi (chiari rappresentanti stereotipati di categorie e gruppi sociali) imprigionati nell’angusto spazio del manifesto: è una metafora di come giovani, famiglie, studenti e lavoratori (impersonati da ragazzi di bell’aspetto ma senza eccessi, per non impedire l’identificazione) stiano sempre più soffocando senza che lo Stato si interessi di loro.

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In un secondo momento, il partito ha diffuso manifesti del tutto simili, in cui però i protagonisti riescono a vincere l’oppressione e a liberarsi, scoperchiando le pareti del presente e scoprendo un futuro sereno immancabilmente simboleggiato dal cielo azzurro. L’efficacia degli strumenti linguistici scelti è stata ulteriormente sfruttata con lo slogan “Usciamo a votare”, non più soltanto semplice appello contro l’astensionismo, ma motto che si ricollega alla voglia di rottura con il passato e di evasione dalle limitazioni del contingente.

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Un manifesto sbeffeggia Berlusconi appropriandosi del suo stesso slogan: “Altri cinque anni di Berlusconi? No grazie”.
Il cambio di strategia rispetto al 2001 è evidente e si palesa nella parziale rinuncia all’immagine del proprio leader: se in occasione delle precedenti elezioni politiche Rutelli aveva “firmato” tutti i cartelloni con la propria faccia, nel 2006 la sua presenza è relativamente più contenuta, anche se non inesistente, e risponde comunque ai topoi già descritti per gli altri uomini politici immortalati sui manifesti.

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( 6 – Continua)





Campagna elettorale 2006 – Lega Nord

16 04 2007

La Lega Nord ha da sempre investito molto, e anche in maniera estremamente consapevole, nel manifesto con finalità molteplici ed eterogenee: pure per un partito che mantiene un’impostazione basata sull’attivismo della base, diviene essenziale mantenere alta la mobilitazione e la fiducia di questo “popolo”. Storicamente, ciò è avvenuto presidiando i muri dei centri abitati (compresi i cartelli stradali, ricoperti di stickers) e rilanciando a suon di slogan la crociata contro “Roma ladrona”; inoltre, i manifesti sono stati utilizzati come locandine per promuovere tutta la serie di appuntamenti e adunate destinate ai Padani; infine, si sono sostituiti agli altri media per incrementare e diffondere il passaparola, vera arma a disposizione della Lega per accrescere le adesioni al movimento.

lega92.gif lega97.gif Qui a fianco, due manifesti datati rispettivamente 1992 e 1997

Per quanto dotati di una buona dose di originalità, i manifesti leghisti sono sempre stati tutt’altro che innovativi: estrema semplicità, povertà grafica, mancata omologazione al modello pubblicitario ne sono le peculiarità principali. Una caratteristica controcorrente rispetto ai tempi è l’assoluta predominanza della parola sull’immagine, spesso completamente assente: i caratteri cubitali, il testo blu su sfondo bianco, la concisione dello slogan, la parte bassa del manifesto destinata a nomi e simbolo si cristallizzano in un codice formale posto al servizio di una voluta fissità espressiva, che molti hanno descritto come specchio della cultura del tipico lumbàrd.

Il linguaggio è difatti molto essenziale, terra terra, a volte addirittura rozzo, e forse per questo efficace; si serve ampiamente di luoghi comuni, di parole facilmente traducibili in immagini e viceversa, di stereotipi consolidati, senza alcuna ricercatezza linguistica. La comunicazione ha tratti di perentorietà: nell’identificare il partito come emittente, nel proporre un fine comune (storicamente, l’autonomia settentrionale), nell’individuare un nemico nuovo rispetto alle tradizionali dicotomie ( la corruzione partitocratrica e, in seconda battuta, gli immigrati). Uno degli elementi di maggiore efficacia consiste nella capacità di condensare un concetto politico in un’unica parola: valgano, a titolo di esempio, le sineddoche “Roma”, “Nord”, “Africa”.

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Neppure in occasione delle elezioni 2006 la Lega Nord smentisce la propria filosofia comunicativa, mantenendo invariati stile ed impostazione grafica, in maniera da favorire l’immediato riconoscimento e l’avvio dei processi di identificazione ed appartenenza. Il simbolo campeggia in grandi dimensioni nella parte inferiore del manifesto, spesso accompagnato dall’invito “vota”. I messaggi sono introdotti da un forte invito, che richiama subito l’attenzione (“NO”; “STOP”), e consistono prevalentemente in appelli a rinnovare il sentimento comune del popolo padano verso tematiche sentite, dai matrimoni omosessuali alla identità etnica nelle sue diverse forme (immigrazione clandestina, voto agli immigrati, merci cinesi). Totalmente assente l’immagine, compresa quella del proprio leader, come da tradizione (peraltro Umberto Bossi, lo storico uomo-simbolo del movimento, è stato costretto a defilarsi dalla scena politica a causa di problemi di salute).

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Campagna elettorale 2006 – Udc

7 04 2007

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Per l’appuntamento con le urne del 2006 l’Udc decide, con una strategia lontana da ogni innovazione, di puntare sulla combinazione leader-valori. Il suo uomo immagine, Pierferdinando Casini, è dotato di grande appeal presso vaste fette dell’elettorato che gli riconoscono fascino, eleganza e compostezza: la campagna elettorale sfrutta queste caratteristiche in una serie di scatti penetranti in cui egli guarda negli occhi l’osservatore, secondo un modello che richiama alla memoria alcune pubblicità di moda e abbigliamento.

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Visto lo studio con il quale sono realizzate le immagini, sembra difficile credere, come affermano i responsabili, che esse siano fotografie scattate senza che il modello si sia messo in posa (cosa che Casini sostiene di non sopportare). Accanto al volto del candidato, come consuetudine spostato sulla sinistra, si affianca un headline (titolo) che contiene la promessa, rigorosamente formulata in uno stile conciso e nominale: l’impegno politico che il partito assicura di assumersi si ricollega direttamente ai temi della tradizione cattolica di cui l’Udc si pone come interprete privilegiata; significativi sono i richiami alla difesa della famiglia, della vita, del diritto alla casa.

Anche il simbolo affonda le proprie radici nel glorioso passato democristiano, e anche qui ospita il nome del leader politico: nemmeno l’illustre De Gasperi aveva osato far sormontare lo scudo crociato dal proprio nome. Infine, il payoff (la frase che chiude il messaggio, qualcosa di molto simile allo slogan) si serve di un gioco di parole per sottolineare la posizione politica dello schieramento: “Io c’entro”.

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Una significativa operazione dell’Udc è quella che concerne l’outdoor: sono stati infatti realizzati degli appositi cartelloni destinati all’affissione esterna su camion e taxi, in maniera tale da rendere dinamica e più pervasiva l’opera di persuasione e propaganda. Da notare come anche a livello di contenuti questi strumenti siano pensati ad hoc: lo slogan (che sostituisce l’immagine) è giocato su significazione legate al contesto stradale ed automobilistico in cui queste scritte si troveranno a circolare (“Al centro mantenendo la destra”; “Facciamo circolare un’idea diversa”; “Ripartiamo dal centro”; ecc.).

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(4- Continua)





Campagna elettorale 2006 – Forza Italia

31 03 2007

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Rispetto ad Alleanza Nazionale, Forza Italia lancia una campagna murale più variegata, offrendo una proposta suddivisa “in serie”. Una di queste è l’”operazione verità”, che consiste in una serie di manifesti per difendere ed ostentare l’operato del partito nei cinque anni di governo precedente; una seconda è contrassegnata dallo slogan “…e andiamo avanti!”.

Queste produzioni hanno in comune molti elementi: l’immagine di Berlusconi, ora a braccia aperte, ora in posa più composta, comunque sempre ostentante un sorriso confidenziale (a volte eccessivamente forzato), domina dall’alto la composizione; sullo sfondo, immancabile è il tricolore italiano che ondeggia al vento del progresso, mentre l’avvenire limpido è garantito dal tradizionale colore azzurro del fondo. Le parole del testo sono spesso virgolettate e messe in bocca direttamente al leader: Berlusconi ha sempre insistito particolarmente sui concetti di promessa, impegno, fiducia e, in termini più imprenditoriali, contratto.

Altro motivo ripetuto in più occasioni è qui ribadito ulteriormente è l’orgoglio per il lavoro compiuto dal suo governo, in risposta alle numerose critiche dell’opposizione su questo tema: a ciò si associa un impegno a proseguire sulla strada intrapresa.

L’ex presidente del consiglio ha storicamente puntato sulla propria abilità nel campo degli affari e sull’esperienza di uomo che “si è fatto da solo”, proiettando le proprie capacità imprenditoriali in campo politico (“Un presidente operaio” recitava uno dei suoi slogan più riusciti): il carisma del leader accresce l’autorevolezza della promessa.

Un terzo filone di manifesti 6×3 si presenta invece senza l’effigie di Berlusconi: sul cielo terso di matrice forzista si stagliano gli slogan accomunati dalla formula “No, grazie” con la quale si mette in guardia contro gli scenari che si delineeranno in caso di vittoria del centrosinistra; se Berlusconi non è raffigurato, il suo nome compare comunque all’interno del simbolo, accompagnato dall’epiteto “presidente”.

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Forza Italia si dimostra particolarmente attenta ed efficace nel cogliere gli spunti che provengono dal mondo televisivo, anche se in questo caso si può parlare di una operazione pianificata: in contemporanea con l’annuncio a sorpresa di  Berlusconi circa la volontà di abolizione dell’Ici, si diffondono i manifesti che promuovono tale proposta e non mancano di accusare l’opposizione. Malgrado l’insistenza del loro presidente nell’invettiva contro i “comunisti”, i responsabili della comunicazione del partito non cavalcano eccessivamente questo tema nei loro cartelloni.

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(3 – Continua)





Campagna elettorale 2006 – AN

24 03 2007

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In generale, si può affermare che i cartelloni hanno mantenuto l’orientamento adottato negli ultimi appuntamenti elettorali, sia in termini di impostazione grafica sia in quanto a contenuti. La personalizzazione della comunicazione politica è proseguita in modo deciso: Alleanza nazionale ripropone in serie la medesima immagine del proprio leader, Fini, immortalato in espressione sorridente, positiva, ottimistica, illuminato da un raggio di sole mentre evita lo sguardo del fruitore per proiettare la vista in un futuro radioso esemplificato dall’azzurro del cielo e dal verde della natura.

A mutare, di volta in volta, è una minima parte dell’headline (titolo): l’aggettivo che accompagna la parola Italia è “serena”, “onesta”, “sicura”, solidale”. Si tratta di attributi che qualificano la promessa contenuta nel messaggio e che in modo molto chiaro sono rintracciabili nella figura del leader. Completano il manifesto il simbolo del partito, in cui per ribadire ulteriormente il concetto è inserito il nome di Fini, e il payoff che riassume il motto di base della campagna (“in prima persona”).

La strategia di An è basata su una semplicità di base, che evita ridondanza verbale e fronzoli visivi e mantiene elementi della tradizione vicina (i colori: il fondo blu, il carattere giallo) e lontana (la fiamma tricolore nel logo). In altri manifesti, tuttavia, questa impostazione ottimistica viene abbandonata ed affiora il carattere più politicamente scorretto proprio di alcune correnti interne: con toni sarcastici e senza risparmiare qualche colpo basso, Alleanza Nazionale si scaglia in maniera veemente contro il candidato avversario, per screditarne l’immagine agli occhi dei cittadini.

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Anche in questo caso, più che le argomentazioni vale l’impatto visivo: la fotografia in bianco e nero di un Prodi d’annata rievoca i “tempi bui” in cui la sinistra governava (si noti come i colori foschi assecondino il messaggio); il futuro premier è raffigurato come un membro della banda Bassotti insieme al compagno-complice Bertinotti; o addirittura gli si dedica una sorta di necrologio, con tanto di immagine e slogan (“Prodi a Palazzo Chigi? Manco morto!”): si tratta di propaganda volta ad impressionare negativamente e senza il filtro della razionalità le menti degli elettori, dipingendo il leader nemico nel modo esattamente opposto rispetto a quello in cui ci si pone.

(2 – Continua)





Campagna elettorale 2006 – Intro

17 03 2007

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L’8 e il 9 aprile del 2006 si sono tenute le elezioni politiche per il rinnovo del Parlamento italiano. La contesa elettorale è stata definita da più parti come una delle più combattute degli ultimi anni e ha ovviamente coinvolto l’intero panorama dei mezzi di comunicazione, non senza vibranti polemiche dall’una come dall’altra parte.

La campagna elettorale, regolata dalle norme previste dalla par condicio, ha mantenuto toni piuttosto accesi durante tutta la sua durata, a partire da inizio anno, seguendo per molti versi le direttrici di quelle degli anni precedenti: affidamento della programmazione e della coordinazione ad appositi staff operativi che affiancano i vertici politici, ingenti spese destinate al finanziamento dell’azione di propaganda, grande mobilitazione dei mezzi di comunicazione, televisione in primis.

Contemporaneamente, però, c’è stato spazio anche per alcune innovazioni: la presenza attiva sul territorio è stata parzialmente riscoperta (anche se mai era stata abbandonata), i comizi hanno acceso le piazze delle principali città, i leader politici hanno intrapreso un giro della penisola per incontrare personalmente gli elettori. Ogni iniziativa è stata accuratamente ripresa, ritrasmessa e in tal modo promossa dai mass media, secondo la logica della spettacolarizzazione: la partenza dei mezzi di trasporto (assolutamente variegati, dal camion all’autobus) con politici annessi è stata celebrata ampiamente.

Allo stesso tempo i vari candidati hanno iniziato il consueto girovagare mediatico, ricercando la costante sovraesposizione pubblica, non soltanto nei tradizionali salotti ove va in onda la scena politica (si pensi all’intervento telefonico di Berlusconi in un programma di intrattenimento radiofonico quale Viva radio2).
Ma la principale innovazione dal punto di vista televisivo è senza dubbio stata il duello-dibattito tra i due candidati alla carica di premier, secondo regole prestabilite circa tempi e modalità delle domande e delle risposte, ad imitazione del modello americano dei duelli tra Bush e Kerry. È stata, questa, una ulteriore dimostrazione della rincorsa a modelli di comunicazione spettacolare e trasformata in show mediatico: gli ascolti registrati sono stati elevatissimi.

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La campagna elettorale ha nel complesso rilanciato il fenomeno dell’affissione, più nella quantità che non nella qualità. I cartelloni in formato stradale 6×3 si sono confermati in termini numerici rispetto al recente passato, mentre un discreto aumento hanno registrato i cartelloni destinati ai muri; soprattutto si è riaccesa la competizione per contendersi il presidio degli spazi di affissione: con l’apporto ditte professioniste i partiti hanno cercato, per quanto possibile in termini finanziari, di sopraffare la parte avversa nella copertura dei luoghi cittadini.
Ciò si è concretizzato in consistenti stratificazioni di manifesti e in affissioni spesso non regolamentari, che hanno costretto le autorità comunali ad intervenire.

alteRægo proporrà un’analisi in varie puntate del panorama cartellonistico che ha colonizzato i muri e le strade delle città italiane, mettendo in evidenza analogie, differenze, rapporti con la tradizione del nostro Paese, efficacia e peculiarità di un medium ancora poco analizzato: il manifesto politico.

(1 – Continua)